Tarantola, il bacio della Tarantola, la Tarantola dal ventre nero, solo per citare alcuni dei titoli che la dicono lunga su quello che è stato il rapporto del mondo del cinema con questo insetto tanto impressionante quanto in realtà innocuo per l’uomo.
Nei film, in genere ascrivibili all’horror di bassa categoria, ma con qualche incursione nella grande produzione, come “Aracnofobia” apparso sugli schermi cinematografici all’inizio degli anni ’90, il ragno è il protagonista indiscusso di episodi terribili in cui viene esaltata la pericolosità di questo, che si trasforma in un pericoloso assassino, per volontà propria, o di qualcuno che ne utilizza le doti di avvelenatore per perseguire oscuri progetti volti alla soppressione di rivali in amore o nemici assortiti, in un turbine di morti avvelenati misteriosamente che in generale termina con la distruzione del piccolo insetto.
Talvolta il ragno, come era in voga nei film horror statunitensi degli anni ’50 diventa gigante, a causa di qualche esperimento, chimico o radioattivo, e semina il terrore fino ad essere abbattuto a colpii di napalm e di artiglieria pesante.
Talvolta, come nei gialli all’italiana degli anni ’70, il ragno viene evocato in storie misteriose e torbide più che altro per la sua presunta crudeltà, al pare del suo simile, la “vedova nera”.
In molti casi i critici sono concordi che, in film del genere, il piccolo ragno, uno tra gli insetti più famosi nel mondo della cinematografia, svolge il suo ruolo di attore al pari o addirittura meglio dei suoi colleghi umani.