Dopo il morso della tarantola, anticamente si notava che la persona appariva in uno stato di trance senza alcuna reazione; ma un ballo durante la suonata di alcuni strumenti tra cui il tamburello, stimolava la persona morsicata dal ragno e avveniva la guarigione.
Attualmente la pizzica rappresenta una tradizione tipica salentina, anche se in origine quindi apparteneva ad un’area più estesa e veniva chiamata “pizzica pizzica” e riferita a musiche e danze di guarigione. A dire il vero, i confini del Salento sono stati ampiamente scavalcati, come a riconoscere la popolarità di un ballo che dilaga in Italia con un numero sempre maggiore di appassionati.
Oggi l’antica danza ha perso quasi del tutto il ruolo terapeutico e si svolge in due: i patner si trovano ad essere legati dal ritmo e dal movimento e il legame che si stabilisce tra loro è di tipo ancestrale ed affonda la sue radici anche nel comportamento amoroso. Ma se si pensa che la pizzica si ballava soprattutto in raduni familiari, e il ballo poteva avvenire tra un fratello ed una sorella o tra il nonno e la nipotina, si comprende che la pizzica non è solo comportamento amoroso. La pizzica può essere ballata anche tra due uomini ma in questo caso, più che un momento di divertimento o di apprendimento dei passi, la pizzica diventa competizione, ed il ballo diventa allora un momento di sfida in cui ci si confronta, esibendo doti di agilità, creatività e prestanza fisica.
In ogni caso, danzare insieme la pizzica è un’esperienza affascinante e un’occasione per riscoprire un canale di comunicazione verso gli altri. Nella danza con un patner, la propria persona dev’essere in armonia con l’altra, deve sentirsi una proiezione di energie verso il patner, cosicchè la danza a due diventa una forma di conoscenza, non solo del proprio corpo ma anche di quello del patner.
Quando la pizzica diventa anche sensualità, la donna esprime la propria femminilità anche indossando ampie gonne e ampi foulard, mantenendo i capelli sciolti, avvicinandosi all’uomo e allontanandosene, invitandolo con lo sguardo e movimentando la danza.
La pizzica è sena dubbio un ballo che richiede un ruolo, da parte dell’uomo, di forza e virilità, con movimenti marcati e decisi.
La pizzica insomma, è un incontro tra due persone, ha bisogno di condivisione, è una danza intima e sensuale ma anche di gioco e di relazione, che ha bisogno dell’uomo e della donna ma non solo. Si può dire che talvolta l’uomo mette in risalto le qualità della donna in una stretta intimità, e talvolta prevale la competizione oppure il puro divertimento.
Nel tempo l’uomo ha sviluppato forme di danza sempre più complesse, accompagnate da vari strumenti musicali, a cominciare da 40.000 anni fa con i primi oggetti bucati artificialmente, mentre i primi flauti, tubi in osso con buchi per le dita, comparvero solo 25.000 anni fa.
Il Salento vanta un notevole patrimonio storico, artistico e architettonico di antichi popoli che hanno lasciato forme e testimonianze della musica (e non solo) fin dalla preistoria; il trionfo di arte e architettura, visibile soprattutto nel barocco leccese, con le sue innumerevoli espressioni, si affianca al trionfo della cultura della pizzica cioè il trionfo della più autentica tradizione spontanea.
La cosiddetta pizzica pizzica (che come termine compare alla fine del 1700) resta un termine per indicare un ballo vivace di coppia, legato senza dubbio al rituale di scacciare gli effetti negativi dovuti al morso della tarantola, anche se oggi la pratica nelle forme originali del ballo è quasi del tutto estinta.
La cura dei disagi psichici o fisici attraverso la musica e la danza ha sempre destato vivo interesse, perché significa percorrere strade diverse dalla medicina ufficiale e ammettere l’esistenza di una pluralità di metodi curativi, come oggi numerosi testi e alcuni film del grande schermo testimoniano.
C’è da ricordare che tutte le danze sono l’espressione della storia e della cultura di un popolo. Per la pizzica, musiche e coreografie si sono sviluppate attraverso il tempo, e si sono tramandate attraverso le generazioni come le storie e le leggende, modificandone il reale antico significato. Oggi non si balla più per scacciare la tarantola, ma per il puro piacere dei corpi e delle anime che nella danza stanno comunicando.
Una zona del Salento possiede un patrimonio culturale, musicale, storico e artistico straordinario, nei Comuni di Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino; sono i paesi che che costituiscono l’ Unione dei Comuni della Grecìa Salentina, il bacino turistico culturale più noto del Salento, ove si svolgono per tutta l’estate, le feste dedicate al ballo della Taranta. I comuni dell’ Unione condividono la cultura e la lingua, e la passione per la danza e sono impegnati nelle attività di ricerca, riproposizione, valorizzazione e interpretazione “creativa” della musica e della danza di tradizione del Salento leccese.
I giovani dei comuni dell’Unione, con la unanime coscienza di sentire propria l’eredità della musica popolare, appresa direttamente nelle proprie case, hanno spesso la grande passione di suonarla, di tramandarla e di divulgarla. L’orchestra che fornisce il contributo principale maggiore, oramai è stata su palcoscenici anche molto prestigiosi come Pechino, Roma, Bologna, Venezia, Amman e Duisburg, a testimonianza che il l recupero e la valorizzazione della pizzica salentina vale davvero la pena.
Come tutte la tradizioni popolari, anche la pizzica e la tarantella salentina hanno vissuto, nel corso della loro lunghissima ed antichissima storia, tante vicende da raccontare. La pizzica in particolare è nata e si è sviluppata da un fenomeno religioso e terapeutico fin da prima dell’era cristiana, ai tempi in cui sul territorio italiano si adoravano ancora dei pagani e si seguivano tradizioni culturali strettamente legate ai ritmi della vita contadina.
In particolare la musica ipnotica ed il ritmo frenetico della pizzica per molti versi ricorda certe musiche e certe danze pagane che avevano una precisa funzione esorcistica, perchè veniva utilizzata come cura per le cosiddette “tarantolate” quelle donne affette da una sorta di malessere psicologico ed esistenziale che nelle sue manifestazioni sintomatiche si esprimeva in forme molto simili alle convulsioni isteriche ed alla pazzia.
In antichità si riteneva che la causa di questa forma di “pazzia” fosse da attribuirsi alla puntura di un ragno molto comune nelle campagne dell’Italia meridionale, la tarantola, e che le convulsioni e la perdita di conoscenza delle donne fosse il segno di una forma di avvelenamento causato dal morso del ragno.
In realtà studi più moderni hanno evidenziato come quello della puntura del ragno fosse in realtà un tratto leggendario, e che la sintomatologia delle tarantolate fosse in realtà da attribuirsi a manifestazioni molto drammatiche di disagio soprattutto della popolazione femminile, così subalterna e sottomessa nella cultura contadina di un tempo. Oggi la pratica dell’esorcismo del morso della tarantola attraverso la danza è quasi scomparsa, sebbene rimangano ancora esempi di questo suo utilizzo.
Se la pratica terapeutica legata alla pizzica va via via scemando, è in forte crescita la passione per questa musica ed alle danze ad essa correlate.
Al Sud Italia tarantelle e pizzica sono ancora amate e praticate dalla popolazione in maniera massiccia, mentre nelle città settentrionali la pratica è molto meno diffusa, sebbene la presenza di molti immigrati provenienti dal meridione ha fatto si che non sia più così raro scoprire anche qui qualche gruppo di appassionati.
Al punto che sono sempre di più le possibilità per chi volesse accostarsi a questa antica tradizione di poter frequentare corsi di pizzica dove apprendere i primi rudimenti della danza e conoscere a fondo le modalità con cui questa si esprime.
Naturalmente nella terra della pizzica, il Salento, corsi e lezioni di pizzica sono numerose, disponibili sia nelle cittadine più grandi ed anche nei paesi, ma una breve ricerca sulla rete farà la sorpresa di curiosi ed appassionati nello scoprire come in diverse città italiane siano tantissime le opportunità di cimentarsi con le aspre sonorità di questo antico ballo.
Spesso i corsi hanno un’impostazione moto generica, comprendendo nello stesso ciclo di lezioni sia l’apprendimento della pizzica, la danza specificamente salentina, alla quale si accosta la conoscenza e l’apprendimento di altri analoghi balli diffusi in tutta l’Italia Meridionale, come la tarantella o la tammuriata.
La pizzica è un ballo che affonda le sue radici in tempi molto remoti. Deriva da quella che un tempo era uno degli strumenti terapeutici utilizzati per curare le “tarantolate” le donne, e più raramente gli uomini, che manifestavano sintomi come convulsioni, perdita di conoscenza e malessere generale che si riteneva fossero stati causati dal morso della tarantola, un piccolo ragno assai diffuso nelle campagne dell’Italia Meridionale.ù
Studi recenti hanno messo in dubbio che la puntura dell’insetto potesse effettivamente provocare il male, ritenendo piuttosto quest’ultimo come una manifestazione di malessere sociale che andava a colpire soprattutto le donne, le cui condizioni di vita nella cultura contadina erano caratterizzate da subalternità e sottomissione.
Una sublimazione di un malessere esistenziale insomma, che invece che prendere la strada dell’isteria o di problema psichiatrico si manifestava con tipiche manifestazioni che ai tempi facevano apparire la persona colpita dal male come “posseduta” dal veleno del ragno.
La danza ipnotica e selvaggia della pizzica aveva la funzione di esorcizzare il male attraverso movimenti sempre più rapidi e frenetici della malata, che, attorniata dal gruppo di suonatori si abbandonava alla danza fino al punto di perdere conoscenza.
La dimensione terapeutica e curativa della pizzica sono pian piano scomparse, ed oggi sono sempre di meno le persone che la utilizzano in chiave medica. Ma resta intatto il fascino e la bellezza di una musica ipnotica e frenetica, che ha fatto breccia soprattutto nel cuore e nelle menti dei giovani, che, soprattutto in Salento, hanno imparato ad apprezzare ed hanno saputo recuperare una tradizione culturale e musicale che rischiava di scomparire.
Esempio eclatante di questo recupero è sicuramente il festival che si tiene ogni anno a Melpignano, La Notte della Taranta, quest’anno giunto alla sua decima edizione. Un festival che, partito in sordina è diventato in poco tempo uno degli eventi più importanti dal punto di vista musicale sociale e culturale per il territorio salentino. Non solo per il recupero della tradizione popolare, ma anche per le contaminazioni e le innovazioni che il rinato interesse per la pizzica ha conosciuto nel corso dell’ultimo decennio.
Artisti di fama internazionale sono stati così coinvolti nella manifestazione, diventata oggi una delle eccellenze dell’estate salentina, accanto agli altri elementi di attrazione che hanno fatto del Salento una regione sempre più apprezzata come meta delle proprie vacanze.
Una delle tante ragioni in più per visitare il Salento e per vivere la splendida regione pugliese quindi, non solo per le sue bellezze naturali artistiche ed architettoniche ma anche per ammirare cultura e tradizioni di sicuro interesse e fascino.
Sono sempre di più ogni anno i frequentatori del festival, un appuntamento da non perdere per una vacanza indimenticabile in Salento.
La pizzica, nata e diffusa in epoca precristiana come ballo per esorcizzare le donne “tarantolate” ovvero preda di un malessere che si riteneva provocato dal veleno trasmesso dal morso di un piccolo ragno della famiglia delle tarantole molto comune e diffuso nelle campagne dell’Italia Meridionale, è oggi protagonista di una vivace riscoperta che, partita dal rinato interesse del pubblico giovanile, ha via via attirato a se sempre più curiosi ed appassionati.
La bellezza e l’eleganza, l’asprezza e la frenesia di questa antica musica popolare non è quindi stata perduta, come in molti, storici ed antropologi avevano temuto nel recente passato. Certo la riscoperta della pizzica ha perso quell’aspetto legato più propriamente alle funzioni terapeutiche e magiche della danza, tuttavia la rinata passione per questa porta con se molti aspetti davvero interessanti ed affascinanti.
Tantissimi i ricercatori, i giovani musicisti e gli studiosi che in questi anni si sono affaccendati a riscoprire un patrimonio spesso relegato alla pura trasmissione orale ma che ha saputo sopravvivere con vitalità fino ai giorni nostri.
Chi si avventura in questo mondo di suoni e di poesia, di danza e di magia scoprirà subito che oltre al vorticare delle gonne, al suono di violini ed organetti, la pizzica rappresenta anche un vasto patrimonio poetico, rappresentato dalle canzoni che accompagnano spesso il ballo. Canzoni che in molti casi sono vere e proprie poesie, come Kali Nifta, una canzone in greco salentino, una lingua tuttora parlata da una minoranza di lingua greca tuttora molto viva e presente nel Salento.
Una canzone d’amore per la propria bella che non sembra voler corrispondere a tanta passione.
Pizzica Kali Nifta
Tien glicea tusi nifta ti en òria
cìevò plonno pensèonta ‘ss’esena
C’ettù mpì ‘s ti ffenèstra ssu agàpi mu
tis kardia mmu su nifto ti ppena.
Larilò larilò lallerò, larilò larilò llà llà……
Evò panta ss’esena penseo
jati ‘sena, fsichi mmu ‘gapò
ce pu pao, pu sirno, pu steo
sti kkardìa panta sena vastò
Larilò larilò lallerò, larilò larilò llà llà……
Kali nifta se finno ce pao
plaia ‘su ti vo pirda prikò
ma pu pao, pu sirno pu steo
sti kkardia panta sena vastò.
Larilò larilò lallerò, larilò larilò llà llà……
Tien glìcea tusi nìfta, ti en òria
C’ evò e’ plonno pensèonta ‘ss’esèna,
C’ettu-mpì ‘s ti’ ffenèstra-ssu, agàpi-mu,
Sti kardia-mu su nìfto ti ppena.
Evò panta ss’èsena penseo
jatì’ sena, fsichi-mmu ‘gapò
Ce pu pao, pu sìrno, pu steo,
sti kkardia panta sena vastò.
Lalallalalero……..
C’isu mai de m’agapise, oriamo
e su ponise mai pu se mena;
mai citt’orria chili su en onitse
na mu pi loja agapi vloimena
T a’steracia, pu panu, me vlepune
Ca mo fèngo frifizzun nomena,
Ce jelù ce mu leone: ston anemo
ta traudia pelisi, i chamena.
Lalallalalero……..
Kalì nifta se finno ce pao
plaia ‘su ti vo pirta prikò
ma pu pao, pu risno pu steo
sti kkardìa panta seno vastò
traduzione Com’è dolce questa notte, com’è bella
e io non dormo pensando a te
e qui sotto la tua finestra, amore mio
del mio cuore ti apro la pena
Io sempre a te penso,
perchè te, anima mia, amo,
dove io vada, o fugga, o stia
te sempre porto nel mio cuore
Lalallalalero……..
E tu mai mi hai amato, mia bella,
non hai mai avuto sofferenza da me
non hai mai aperto queste tue belle labbra
per dirmi parole benedette d’amore
Le stelline dall’alto mi guardano
e di nascosto parlano con la luna
sorridono e mi dicono: “al vento
le canzoni fatte sono perdute”
Dedicato all’amata anche il brano “Sia benedetto ci fice lu munnu”, un canto di ringraziamento al creatore che tra le tante cose bellissime ha anche creato gli splendidi occhi della propria amata.
Sia benedetto ci fice lu munnu
Comu lu seppe bello a situare.
Fice la notte, poi fice lu giurnu
E po la fattu criscere e mancare,
fice lu mare tantu cupu e funnu
ogni vascello pozza navigare.
Fice lu sule e poi fice la luna
Poi fice l’occhi de la mia patrona.
Fice lu sole e poi fice ‘na stella
Poi fice l’occhi toi cara mia bella.
Molto bello anche il brano “U rusciu tu mare” che nella rappresentazione di un giovane che ascolta il gradidare delle rane nella palude come se fosse il brusio delle onde del mare pensa con malinconia al suo amore per la figlia del re, un amore che mai potrà essere corrisposto, a causa delle differenze di status sociale tra i due.
Na sira ieu passai te li patuli,
e ‘ntisi le cranocchiule cantare.
A una una ieu le sintia cantare,
ca me pariane u rusciu te lu mare.
U rusciu te lu mare e mutu forte,
la fija te lu re se ta alla morte.
Iddha se ta alla morte e ieu alla vita,
la fija te lu re sta se ‘marita.
Iddha sta ssè ‘marita e ieu me ‘nzuru,
la fija te lu re me ta nu fiuru.
Iddha me ta nu fiuru e ieu na parma,
la fija te lu re sta ba alla Spagna.
Iddha sta bbà alla Spagna e ieu n’Turchia,
la fija te lu re la zzita mia.
E vola vola vola, colomba, vola,
e vola vola vola, colomba mia….
….ca ieu lu core meu te l’aggiu ddare
E vola vola vola, colomba, vola,
e vola vola vola colomba mia….
….ca iue lu core meu, te l’aggiu datu.
“Bedda ci stai luntanu” è una vera e propria serenata nella quale chi canta ricorda alla propria amata lontana che il suo cuore è sempre vicino, e che ciò che sente, il freddo come il caldo o il soffiare del vento, e ciò che vede, come le onde del mare, non sono altro che i sospiri, l’ardore, la passione che l’innamorato sente per la propria amata cui pensa ardentemente anche nella lontananza.
Bella, se stai lontano e vuoi vedermi
affacciati alla finestra di ponente
se senti freddo sono i miei sospiri
se senti caldo è questo cuore ardente
se onde vedi a mare non le temere
sono di lacrime fiumi correnti
e se nell’aria senti voci e lamenti
sono io che ti chiamo e non mi senti
al mio paese si fila l’oro
li si mangia sempre pane di grano
San Vito dei Normanni rappresenta una delle tradizioni più originali e particolari del fenomeno culturale e rituale della pizzica, con una variazione rispetto a quella esistente nelle altre parti del Salento, caratterizzata dal fatto di essere totalmente priva di influenze e riferimenti alla tradizione cristiana.
Uno sviluppo autonomo ed originale che ha fatto si che ancora nel corso dell’ultimo secolo tale fenomeno fosse ancora riconosciuto e praticato essenzialmente nelle sue linee direttrici originali, ovvero quello di essere un ballo terapeutico ed esorcizzante del malessere che colpiva chi fosse stato colpito dal morso della tarantola, mentre in altre parti del territorio tale funzione curativa della pizzica era già scomparso.
La tradizione vuole che a San Vito dei Normanni il ballo liberatorio per far scomparire il male debba essere eseguito nell’acqua, una tradizione originale che non ha eguali in altre zone del Salento.
Tale particolarità fa riferimento ai diversi modi in cui la cultura popolare ha identificato il morso del ragno, ed i suoi effetti sull’uomo, che in generale tende ad assumere, così come avviene per altri fenomeni analoghi di morsi o punture di animali, siano essi fantastici o reali, come per esempio il licantropismo che trasforma l’uomo in lupo, il vampirismo, la rabbia trasmessa dai cani, il carattere del ragno che l’ha colpito con il suo veleno.
Così la puntura del ragno poteva scatenare una sensibilità accesa per un certo tipo di musica o addirittura di ritmo, poteva esacerbare la sensibilità per alcuni colori, poteva preferire una sorta di lamento funebre invece della musica dei tamburelli o ancora, come avviene appunto nella taranta d’acqua di San Vito, avere una preferenza per l’acqua.
La funzione del colore nella pizzica è notevole. Una delle componenti del rituale indiavolato che si scatenava intorno alle tarantolate era infatti la presenza di diversi fazzoletti o stracci di stoffa variamente colorata che facevano parte della coreografia del ballo.
Ma i colori non avevano solo una funzione estetica, ma erano uno degli strumenti principe del tentativo di esorcizzare il male dal corpo della vittima.
Una delle tradizioni popolari più conosciute riguardo alle tarantolate è il fatto che essere sembrano essere particolarmente sensibili ai colori, tanto da gettarsi addosso a coloro che avessero indossato un indumento o portassero una stoffa di un colore che poteva scatenare nella tarantolata una immediata reazione, in genere di carattere aggressivo.
E’ per questo motivo che anche nel momento del rituale intorno alla donna da esorcizzare si dispongano tutta una serie di nastri e stoffe colorate: vuole la tradizione infatti che qualora si riesca ad individuare il colore che fa agitare la malata si possa stracciare il pezzetto di stoffa corrispondente, contribuendo in questo modo ad alleviare il malessere o addirittura, in concomitanza con la musica a farlo sparire, almeno fino all’anno successivo, quando immancabilmente il male si ripresenterà.
E’ questo un altro dei motivi per cui gli studiosi della pizzica e del rito delle tarantolate sono così convinti che essa abbia origini ancestrali, perchè colori e musica sono stati da tempo immemore i fondamentali supporti di molta parte degli antichi riti pagani, e, psicologicamente, gli stimoli più intensi dei nostri sensi più importanti, la vista e l’udito.
Sarà solo agli albori degli anni ’60 che, dopo quasi 4 secoli di studi e di interesse più o meno approfondito, ci sarà una prima interpretazione corretta e verosimile di tutti i significati che portava con se il fenomeno delle tarantolate, ed il suo stretto connubio con la musica avente funzione esorcizzante, con il ballo.
Ed anche con la condizione psico patologica che sembrava inspiegabilmente colpire alcune donne nei territori dell’Italia Meridionale ed in Salento in particolare, dove la tradizione delle tarantolate aveva addirittura un momento culminante nel rito che si tiene ogni anno a Galatina, in provincia di Lecce, il 29 giugno.
Ernesto De Martino sarà l’antropologo che per primo infatti riuscirà, in un famoso libro uscito nel 1959, “La terra del Rimorso”, ad offrire un quadro generale esplicativo di tutte le componenti in gioco in questo antichissimo fenomeno culturale.
Secondo lo studioso, il morso della tarantola, ed il ballo esorcizzante che serviva ad arrestare l’influsso del veleno nel corpo poteva essere spiegato come una forma di risposta, giocata sul piano dell’irrazionale ad una condizione di profonda oppressione culturale e sociale.
Non a caso il ragno sembrava infatti colpire prevalentemente le donne, che subivano profondamente e doppiamente tale oppressione, perchè di una classe sociale subalterna, e perchè donne.
De Martino scopre attraverso interviste e ricerche, che molte donne colpite dalla tarantola avevano un percorso di vita segnato da profonde crisi personali, dall’impossibilità di seguire il proprio desiderio in amore, al fatto di essere relegate ad una condizione di inferiorità, e che forse la sublimazione nel rito magico ha permesso a molte di loro di evitare forme di malattia psichica e neurologica anche molto gravi.
La pizzica, ed il fenomeno delle tarantolate sono uno degli aspetti che testimoniano la permanenza all’interno della cultura popolare delle popolazioni salentine di antichi rituali di origine pagana, che nonostante la forte presenza della cristianità, e la profonda devozione per i santi ed il culto cristiano, non sono stati scalfiti che in parte ed hanno saputo mantenere viva e vivace la loro permanenza, complice il fatto di essere legati a profonde tradizioni ed esigenze della cultura contadina.
Così non mancano in Salento i riti legati al culto del fuoco. Questi sono presenti in moltissime comunità locali, dalle famose focare di Novoli e di Martignano, nel rogo che accompagna l’esplosione del “u’ Pupu” che simboleggia il passato a Gallipoli, tradizione quella dei falò che in Salento sarà affiancata a quella dei fuochi d’artificio che ne costituiranno una variante ancora più pittoresca e vivace., nel corso dei seicento, grazie alla comparsa della polvere da sparo.
I riti pagani sono presenti in altri aspetti della tradizione culturale e religiosa salentina, per esempio nel rito della pietra forata di Calimera, nel quale i pellegrini devono passare attraverso un foro praticato in un monolite risalente al neolitico, in tal modo da rappresentare una sorta di passaggio obbligato verso un futuro di prosperità.
Un altro esempio della persistenza dei riti pagani è l’usanza di adornare i menhir di rami d’ulivo, nel periodo pasquale, evidentemente una tradizione riferita al cristianesimo, ma che si è sovrapposta agli antichi riti che si svolgevano intorno a queste misteriose pietre infisse nel terreno.
Sebbene Melpignano debba gran parte della sua notorietà attuale al fatto di essere la località dove ogni ano si radunano i tanti appassionati della pizzica in uno dei più celebri eventi del Salento, “La Notte della Taranta”, non bisogna dimenticare che la piccola cittadina di poco più di 2000 abitanti possiede una serie di attrattive sia di carattere artistico che storico archeologico che ne fanno una delle località da visitare per chi si reca in Salento.
Un’occasione d’oro potrebbe essere quella di associare la partecipazione al grande evento musicale dedicato alla pizzica, con qualche giorno di soggiorno a Melpignano o nei paesi circostanti, Maglie, Castrignano de’ Greci, Cursi, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, per ammirare un territorio genuino e ricco di sorprese.
Da non mancare di ammirare il monumentale edificio della Chiesa ed ex Convento degli Agostiniani, esempio eccelso del barocco salentino, soprattutto per la mirabile facciata, in cui si riconosce la mano di uno dei più importanti architetti del seicento in Puglia, Giuseppe Zimbalo.
Da non perdere nemmeno la Chiesa di San Vincenzo, la più amata dalla popolazione locale, ed il cui intero è un fiorire di dipinti ed immagini di santi, ed il Palazzo Marchesale, che presenta all’interno della struttura seicentesca, un mirabile giardino.
Nei dintorni della cittadina sono visibili diversi esempi delle antiche e misteriose testimonianze dei culti pagani risalenti al neolitico, rappresentati dai menhir, le grandi pietre infisse nel terreno la cui funzione è ancora oggi al centro di vivaci interpretazioni.
Tarantola, il bacio della Tarantola, la Tarantola dal ventre nero, solo per citare alcuni dei titoli che la dicono lunga su quello che è stato il rapporto del mondo del cinema con questo insetto tanto impressionante quanto in realtà innocuo per l’uomo.
Nei film, in genere ascrivibili all’horror di bassa categoria, ma con qualche incursione nella grande produzione, come “Aracnofobia” apparso sugli schermi cinematografici all’inizio degli anni ’90, il ragno è il protagonista indiscusso di episodi terribili in cui viene esaltata la pericolosità di questo, che si trasforma in un pericoloso assassino, per volontà propria, o di qualcuno che ne utilizza le doti di avvelenatore per perseguire oscuri progetti volti alla soppressione di rivali in amore o nemici assortiti, in un turbine di morti avvelenati misteriosamente che in generale termina con la distruzione del piccolo insetto.
Talvolta il ragno, come era in voga nei film horror statunitensi degli anni ’50 diventa gigante, a causa di qualche esperimento, chimico o radioattivo, e semina il terrore fino ad essere abbattuto a colpii di napalm e di artiglieria pesante.
Talvolta, come nei gialli all’italiana degli anni ’70, il ragno viene evocato in storie misteriose e torbide più che altro per la sua presunta crudeltà, al pare del suo simile, la “vedova nera”.
In molti casi i critici sono concordi che, in film del genere, il piccolo ragno, uno tra gli insetti più famosi nel mondo della cinematografia, svolge il suo ruolo di attore al pari o addirittura meglio dei suoi colleghi umani.
In molti casi la riscoperta della tradizione musicale e popolare della pizzica è stata una conseguenza dei lavori antropologici ed etnologici che dall’inizio degli anni ’60 hanno preso piede grazie all’intenso lavoro di ricerca portato avanti diversi studiosi per comprendere e far conoscere una tradizione culturale antichissima ancora oggi radicata nel territorio.
Prima della riscoperta da parte del grande pubblico attraverso festival ed eventi rinomati come “la Notte della Taranta” che si tiene a Melpignano, la pizzica ed il fenomeno della taranta è stata esplorata come espressione di una cultura popolare e contadina destinata alla scomparsa.
Nell’ambito della rinascita della pizzica non si deve dimenticare il grande lavoro compiuto da collettivi di artisti e di musicisti che non solo hanno voluto raccogliere ciò che restava di un patrimonio di repertori musicali di grande importanza sociale e culturale, ma anche riproporlo nella sua intrinseca bellezza e nelle sue potenzialità di essere, ancora oggi, vivo ed attuale, pur se discosto dalla matrice da cui era originato.
Il Canzoniere Grecanico Salentino è stato uno di questi gruppi. Nato nel 1975 ha al suo attivo non solo uno spettacolo che viene replicato da allora in tutti i festival e le rassegne dedicate alla musica popolare, ma anche una serie di importanti pubblicazioni il cui scopo è quello di raccogliere e preservare documenti della cultura contadina, che, di tradizione orale, rischierebbero di perdersi definitivamente.
Non solo, ma l’impegno del Canzoniere Grecanico Salentino è anche orientato a promuovere la conoscenza delle minoranze linguistiche presenti nella regione pugliese.