Nelle piazze e nelle strade del Salento, specialmente nel periodo estivo, è facile trovare piccole orchestrine nelle piazze dei paesi che riempiono l’afa delle notti salentine con le note della pizzica.
Ricordo di un’epoca, in realtà, non ancora conclusa, lo scorrere del tempo ha avuto un’influenza determinante su questa musica che ha subito delle ovvie trasformazioni. È cambiata la gente, è cambiata la cultura, sono diversi gli strumenti musicali. Alcuni sono rimasti come una volta, altri sono stati integrati in una tradizione che si rinnova ad ogni epoca lasciandosi contaminare dalle nuove musicalità.
L’innovazione e la rinascita diventano quindi elementi fondamentali per far rimanere in vita una cultura che, come tutte le culture, deve adattarsi alla sua realtà contemporanea se non vuole diventare storia. Eugenio Bennato, con il suo Taranta Power, ha ben dimostrato come la cultura, sebbene antica, può essere esportata e come questa non può essere immune alle contaminazioni, sangue vitale di ogni cultura.
Qualcuno preferisce rimanere più legato alla tradizione evitando ogni forma di contagio, offrendo una pizzica il più possibile uguale a quella storica. Ovviamente il risultato non sarà mai puro e la sua attualizzazione alquanto difficile. La contaminazione diventa una regola della natura alla quale è difficile sottrarsi, anche perché siamo figli di questo mondo, di questa cultura e della musica del nostro tempo.
A questi concerti in piazza partecipa un pubblico incredibilmente eterogeneo che raccoglie giovanissimi e anziani, riunendo in un solo coro che racchiude tutte le generazioni. Ballano i bambini e ballano i nonni, simbolo emblematico di una storia che non si chiude e di emozioni che si tramandando e resistono anche in un’era tecnologica e informatica come la nostra.
Basta recarsi nel Salento a Giugno o durante il periodo estivo per entrare nel ritmo dei tamburelli, dei flauti e degli antichi strumenti che riportano in vita, insieme a salti e danze, i ricordi di una vita rurale che non è stata ancora, fortunatamente, cancellata dall’era di internet.
Questo articolo, più che una descrizione della situazione attuale della pizica nel salento, mi pare uno spot pubblicitario ad Eugenio Bennato, che oltretutto non ne ha per niente bisogno. Credo anche che il problema dell’innovazione nella tradizione si affronti in maniera alquanto superficiale. Mi fa imbestialire, scusate la brutalità, il fatto che, per giustificare le contaminazioni spesso dissennate che si portano avati ora, si racconti di com’era la pizzica quattro o cinquecento anni fa. V vorrei ricordare, cari signori, che le testimonianze che possediamo su questo fronte sono spesso di viaggiatori o di persone non esprte. Chi ha detto oi che per innovare la pizzica si debba per forza usare il metro del rinnovamento strumentale o del rinnegare il dialetto? Ricordatevi, per favore, che ogni epoca ha le sue musiche e, se credete che la musica di tradizione nelle sue caratteristiche basilai non sia cmpatbile con questa epoca, non fatela più Se volte innovarla, vi consiglierei, dopo aver imparato bene le tecniche e le caratteristiche, di raccontare la modernità con stilemi antichi. Vi ricordate gli Aramirè di “Mazzate pesanti”? Io li trovo molo più innovativi del tarantapower di bennato!