Il tamburello leccese, simbolo tradizionale della Pizzica

Il ritmo sincopato di questa musica terapeutica viene eseguito con lo strumento principe del ritmo: il tamburello. Quello della pizzica è un tamburello particolare, costituito da un cerchio di legno sul quale è stata fissata una membrana tesa. Sul cerchio di legno, poi, sono presenti delle fessure nelle quali sono stati inseriti dei piccoli piatti metallici che, ad ogni colpo dato con il palmo della mano sul bordo del tamburello, tintinnano producendo un suono particolare, tipico del ritmo di questa terra.

Esemplare omnio della della cultura mediterranea, il tamburello viene ancestralmente scelto anche per il suo simbolismo incoscio. Il cerchio è la figura geometrica perfetta e rappresenta la ciclicità perenne della vita. In esso non è possibile distinguere un inizio o una fine. Tutto si sussegue e tutto è co-presente, in ogni momento, senza sosta alcuna. Non vi è distinzione o di divisione, dove tutto rientra in una omogeneità divina, se non primordiale. Il movimento circolare della sua forma è simbolo universale e perfetto, dove tutti i punti sono equidistanti dal centro, ha nei millenni rappresentato l’interminabile e il divino, sia in campo animistico che religioso.

Ed è in questo simbolo di perfezione e di concentramento di grandi forze naturali, così come lo considerano i testi indiani Veda, che il tamburello segna con il suo ritmo incalzante il susseguirsi delle stagioni e della vita, dei cicli agricoli e vitali che ritornano ogni anno, senza sosta e senza placarsi, vestendosi di trascendente e di spirituale.

Il tamburello, dalla forma circolare, appartiene alla tradizione più antica e la sua nascita è nascosta nelle radici del tempo. Uno dei primi strumenti musicali creati dall’uomo, dava il ritmo e creava la musica delle danze sacre, portava alla trascendenza, spesso a stati di trance. Il suo suono univa il mondo trascendentale e il mondo umano, unendo terra e cielo. In questo cerchio di perfezione, dove le diversità vengono annullate, la femmina pizzicata riusciva a ritrovare la sua dimensione e scavalcava ogni ostacolo alla sua uguaglianza sociale. Al ritmo della musica del tamburello, non era più un essere inferiore, ma riacquistava la sua dignità e il suo anelato valore sociale.

Il tarantismo è ancora vivo?

In Puglia tutti conoscono la pizzica e l’hanno vista ballare almeno una volta. Ogni anno, a Melpignano e nelle terre circostanti, vengono organizzati Festival e manifestazioni per ricordare e commemorare i tempi delle pizzicate e “La notte della Taranta” è una di quelle manifestazioni che hanno fatto il giro del mondo.

Oggi assistiamo ad una disgregazione del fenomeno delle tarantate. Se nel passato, a giugno, le donne a frotte si recavano a Galatina, presso la cappella di San Paolo, per essere esorcizzate dal veleno del ragno, oggi queste donne sono davvero poche. Arrivano di nascosto in auto, generalmente accompagnate dai parenti più stretti, e subiscono il rituale in un luogo chiuso agli occhi dei curiosi.

Non è possibile entrare all’interno ed assistere al rito: la privacy viene difesa rigidamente. Se una volta i riti duravano giorni, oggi durano pochi minuti e le pizzicate escono veloci dalla chiesetta per ritornare quasi vergognose a casa, di corsa. Alcune delle pizzicate, se possono, cercando di risolvere la questione a casa propria, cercando di nascondersi agli occhi della gente.

Oggi non è più un fenomeno di massa e non si svolge con le modalità di una volta. La distanza storica fra l’epoca d’oro delle tarantate e l’oggi è ormai ampia. E si vede. Perché è successo? Perché sono cambiate le condizioni storiche e sociali e la situazione del Sud, e della donna nel Sud, è cambiata profondamente. Non che certe credenze si siano affievolite, ma la condizione della donna è cambiata. Non è più necessario farsi pizzicare dal ragno. Le donne stanno conquistando il loro spazio da sole e hanno altri modi per occupare il loro spazio nel mondo.

Ma le tarantate ci sono ancora e ci resteranno, anche se a volte solo nei balli, a memoria di un mondo, in fondo, non così lontano.

Aria Frisca: un forte connubio fra vecchio e nuovo

Il gruppo degli Aria Frisca (Aráchne Fellinese Antica), si forma con l’intento di portare tra la gente la pizzica. Nascono a Felline, un piccolo paesino del Leccese, esattamente il 26 maggio del 2001.

Accumunati dalla stessa passione per la musica e la cultura della loro terra, Salvatore de Lorenzis –(tamburello), Salvatore Trianni (tamburello e armonica a bocca), Tiziana Manco (voce), Cinzia Marinosci (voce e tamburello), Barbara Spennato (voce), Mauro de Filippis (fisarmonica, voce e pifferi), Mino Scanderebech (flauto), Daniele Morciano (chitarra e voce) e Alessandro Tuma (chitarra e voce) uniscono le tradizionali sonorità popolari della pizzica ad arrangiamenti più barocchi, rinnovando e personalizzando la musica delle loro radici.
Gli Aria Frisca non si dedicano solo alla pizzica ma riportano in auge tutta una cultura musicale salentina che si annida nei canti di amore, nelle canzoni di lavoro e di protesta, il tutto orchestrato magistralmente ponendo, al centro dell’armonizzazione, antichi strumenti come il flauto, il piffero e il tamburello che, assieme allo strumento più potente, la voce, fanno rinascere vecchie emozioni.

Questi ragazzi non si limitano solo a suonare, ma si dedicano anche a tutto un percorso di ricerca presso gli anziani del loro paese e dei paesi vicini alla ricerca di storie, racconti, aneddoti sul fenomeno del tarantismo per comprendere ancora meglio la musica che amano e che presentano. Ben convinti che non bisogna mai perdere i contatti con le proprie radici, sanno anche quanto sia importante rinnovare la tradizione pur rimanendo fedeli alle origini.

Oggi Aria Frisca è anche un’associazione culturale che ha come scopo proprio lo studio e la riscoperta della cultura salentina e Fellinese in particolare. “Quello che oggi è al centro del nostro interesse – dice Daniele Morciano, chitarra e voce del gruppo è ogni aspetto (antropologico, psicologico o sociologico) della nostra cultura. Stiamo a tal proposito organizzando dei gruppi di studio sul territorio.”.

Video pizzica ballo “sagra della taranta e della pizzica”

torniamo con un’altro video che dimostra la forza trainante della pizzica, durante una Sagra del Salento “Sagra della taranta e della pizzica di Salve il 20 agosto 2008.

Una serata fantastica all’insegna del buon divertimento e tanta pizzica, gustatevi questo video.

Offerto da sito dedicato a Pescoluse marina del Comune di Salve

https://it.youtube.com/watch?v=V2dpYB-SDHQ

“Sangue vivo” si muove alle note della Taranta

Dopo cinque anni da Pizzicata, nel 2000 Edorardo Winspeare decide di ritornare a parlare del Salento e della Taranta con un nuovo lungometraggio: Sangue vivo.

Scritto e diretto da Edoardo, narra la storia di un gruppo di suonatori di taranta la cui storia si intreccia con i traffici della malavita tra Italia ed Albania, la dipendenza dalla droga. È una storia drammatica, di contrasti, dove due fratelli salentini, Donato e Pino Zimba si affrontano a muso duro corrosi da vecchie storie familiari che porteranno alla morte di uno dei due mentre, sullo sfondo, si alternano i colori e i suoni del Salento con i suoi tamburelli e la sua pizzica.

Un film coraggioso, sicuramente, che narra la storia di questa terra utilizzando la sua lingua, quel dialetto così stretto che ha bisogno dei sottotitoli per essere compreso. Winspeare riesce a parlare di questa vicenda cruda e reale senza cadere in banalità e dipingendo una Puglia vera, senza falsità, dove tutto è natura e tutto è istinto. Parla dei suoi uomini, di giovani che non hanno lavoro e che vagano per le strade notturne delle città, che si mescolano con i nuovi immigrati albanesi, si intrecciano con loro e si combattono, alla ricerca di un’identità che si ritrova forte e viva nella pizzica. Ed è proprio la pizzica la vera protagonista di questo film che con Pino Zimba raggiunge vette difficilmente raggiungibili.

Un film poco conosciuto, questo è vero, ma che possiamo annoverare fra le perle preziose che una terra come il Salento ha donato a chi ha occhi e cuore per viverlo.

Premi e riconoscimenti cinematografici

    • Festival International Cinema Meditérranéen di Montpellier: Antigone d’Or Best Film
    • Festival di Saint Vincent 2000 per il Cinema Italiano: Grolla d’oro Miglior Film, Grolla d’Oro Migliore Colonna Sonora, Grolla d’Oro Miglior Produttore
    • Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián: New Directores Award
    • Sundance Film Festival, come primo film italiano

Titolo originale: Sangue vivo
Paese: Italia

Anno: 2000

Durata: 95′

Colore: colore

Audio: sonoro – dialetto salentino (sottotitoli in italiano)

Genere: drammatico

Regia: Edoardo Winspeare

Soggetto: Edoardo Winspeare

Sceneggiatura: Antonella Cannarozzi, Sabrina Balestra, Giorgia Cecere, Edoardo Winspeare

Interpreti e personaggi: Pino Zimba, Lamberto Probo, Alessandro Valenti, Lucia Chiuri, Claudio Giangreco, Ivan Verardo, Cinzia Marzo
Musiche: Gruppo Zoè

Godetevi questo video della pizzica nel Salento

Ecco un video tutto “pizzicato”,  La danza pizzica pizzica, in questo video sulle note de “lu core meu”, dal cd dei Ballati Tutti Quanti (fratelli Rizzello di Spongano -Lecce-) “Ttacca banda” 2005.

https://www.youtube.com/watch?v=mEVB_QAtgwI

Auguri e complimenti a questo magnifico gruppo.

a presto

Pizzica, Taranta o pizzica tarantata?

La fama della pizzica, in questi ultimi anni, si sta diffondendo a macchia d’olio, raggiungendo i confini dell’Italia e andando oltre. Sono nate scuole di danza per impararne i passi e i “pizzicati” si esibiscono sulle piazze di tutta l’Italia. Parlando di questa famosa danza salentina, si sente sempre più utilizzare il termine taranta per indicarne, in realtà, il ballo o la musica. Questo termine, taranta, viene utilizzato in questo senso in maniera impropria.

La pizzica, come ben sappiamo, nasce come musica terapeutica fatta suonare dagli uomini all’interno delle case (o nelle piazze) per liberare le “pizzicate” dal morso della taranta, termine salentino per indicare la tarantola, il ragno della famiglia Lycosidae, che aveva fama di pizzicare le donne sotto le vesti durante il periodo della mietitura. La musica da loro utilizzata aveva la funzione di far ballare le donne fino all’estremo, in modo da uccidere il ragno e liberare le fanciulle dal malessere provocato dal morso. Questa danza è poi stata indicata come “pizzica tarantata” proprio per indicare il tipo di danza e da cosa veniva provocata.

In seguito, mal utilizzando il termine tarantata, l’indicazione di questo ballo terapeutico è stato abbreviato con il termine taranta (che nella lingua salentina indica, appunto, la tarantola) portando ad un uso inappropriato del termine. Oggi rimane l’utilizzo di questo termine per indicarne la particolare danza provocata dalla tarantola, sebbene viene in realtà chiamata unicamente con il nome dell’animale che ne provoca il movimento.

Il Fazzoletto rosso, simbolo di amore e di passione

La tradizione vuole che una delle tante varianti della pizzica sia, principalmente, una danza di corteggiamento dove la donna, muovendo i passi e saltellando al ritmo dei tamburelli, si lascia corteggiare dall’uomo.

Questi, avvolto dalla sensualità della danza, della musica e dagli sguardi di lei, lascia alla donna il potere della scelta. Ed ella, fedele alla sua storia ancestrale, gestisce le redini del fato e del destino amoroso, scegliendo il proprio partner e lasciandosi scegliere nuovamente da lui. Sarà proprio il fazzoletto rosso, rosso come il sangue e la passione, rosso come l’istinto incontrollato che, sventolato dalle mani di lei, sceglierà partner.

Questi accetterà la scelta della donna e si avvicinerà a lei, nel vortice di una danza erotica e sensuale, fatta di leggeri sfioramenti e sguardi erotici. Il fazzoletto rosso sarà, quindi, strumento di invito per l’uomo, scelto ad unirsi al suo sì. Questo rito del fazzoletto per la scelta del partner amoroso si ritrova ancora oggi non solo nel Salento, ma in tutta la regione e in alcune aree della Basilicata e della Campania.

La tradizione fa risalire l’uso del fazzoletto a periodi molto antichi e lo vuole simbolo d’amore. Il rosso acceso della stoffa emerge tra i movimenti caldi della danza per disegnare vortici di corteggiamento e di amoreggiamenti, per esprimere la propria voce una volta che la donna ha scelto il suo uomo. Giunti a questo punto il fazzoletto diverrà simbolo dell’amore concesso al partner da parte della fanciulla, la quale dona quel fazzoletto, rosso come il suo cuore, a colui che l’ha conquistata.

Alcuni studiosi sostengono, oggi, che il fazzoletto non appartiene alla tradizione della danza, ma che sia stato aggiunto in seguito, a mo’ di ornamento. Le mani delle danzatrici si anellavano del rosso della sua stoffa per aggiungere colore alla coreografia di una danza già di per sé travolgente. Quale che sia la sua vera storia, il rosso di quel fazzoletto è di sicuro simbolo emblematico di un sentimento forte ed istintivo come l’amore e la passione di cui si fa vessillo.

Danza a scherma o Danza delle spade

Danza a scherma o delle spade è una danza molto antica che ogni anno viene riproposta dal tramonto del 15 agosto all’alba del 16 agosto nello spaio antistante il Santuario di S. Rocco a Torrepaduli in occasione dei festeggiamenti in onore del Santo.

Molto probabilmente deriva da duelli rusticani che si tenevano per difendere l’onore o l’orgoglio fra famiglie rivali o in occasione di fiere e mercati. Anche se non lo si può affermare con certezza questo ballo sembra essere stato introdotto dagli zingari che gestivano i principali mercati di bestiame.

Il ballo è accompagnato dagli immancabili tamburelli salentini e da armoniche e bocca. I danzatori si sfidano in una specie di duello che in passato prevedeva l’utilizzo di coltelli oggi non più utilizzati.

Lo scopo principale della danza è quello di colpire l’avversario, e ogni gesto simula i movimenti tipici della lotta con i coltelli seguendo delle regole di combattimento: non voltare mai la schiena all’altro, essere sempre vigili e tenere bene le distanze.

Il ballo prevede la presenza di due ballerini che vengono man mano sostituiti con persone presenti nel gruppo.

Pizzica-pizzica o la pizzica de Core

Pizzica-pizzica o pizzica de Core costituisce l’espressione più tradizionale della danza salentina e le sue origini sono ancora incerte.

Per molti costituisce quasi un rito praticato dalla gente semplice che dopo un duro giorno di lavoro nei campi in occasioni particolari si radunava per cantare e ballare insieme. Questo tipo di pizzica non è altro che un lungo corteggiamento durante il quale i due ballerini si lanciano sguardi provocatori avvicinandosi l’un l’altro ma non toccandosi mai.

Vi sono solo un timido sfiorarsi e una serie di gesti che evidenziano il desiderio dell’uomo di entrare nelle grazie della donna, e quello di lei di essere corteggiata dall’uomo, ma nello stesso tempo di sfuggirgli nel momento in cui egli prova ad avvicinarsi. Sicuramente il tutto deriva dalle condizioni sociali e culturali del tempo, quando cioè le distanze tra uomini e donne dovevano essere sempre rispettate.

Un elemento particolare in questo tipo di ballo è il fazzoletto rosso che la donna sventola provocando l’uomo che di volta in volta sceglie come suo compagno di ballo fino a quando non lo dona a colui che è in grado di assecondarla maggiormente. Inoltre non ci sono passi precisi da imparare e seguire perché il tutto è affidato alla sentimento, alla fantasia, alla sensualità e passione dei protagonisti.

La pizzica del Salento

Da un decennio a questa parte si è avuto in tutto il Salento la riscoperta della musica popolare fatta soprattutto di suoni caldi e solari proprio come la gente del luogo. Sempre più spesso d’estate si può assistere a concerti di gruppi folkloristici e a centinaia di persone che si lasciano trascinare dai canti e dai suoni frenetici della pizzica.

Lo strumento principe di questo ballo è il tamburello leccese suonato in modo particolare e cioè dando il ritmo di base con la percussione e, un caos ordinato con i sonagli. Ad esso si accompagnano:
– la tamborra, cioè un tamburello sordo senza sonagli che viene molto utilizzato nelle pizzichi tarantate perché origina un suono cupo e profondo che ricorda il rito di guarigione;
– il violino che è stato introdotto come strumento terapeutico per le tarantate
– la chitarra che ultimamente è stata utilizzata anche come strumento solista e di cui una forma particolare importata nel Salento è costituita dal Trés;
– l’organetto che è lo strumento folkloristico per eccellenza
– le nacchere spagnole hanno anche una versione salentina chiamata tiritacchete;
– il mandolino e la mandola napoletani;
– il flauto insieme al tamburello sono gli strumenti più antichi della tradizione popolare salentina che veniva suonato nella sua versione doppi fin dal periodo messapico
– cupacupa e tricche tracche sono due strumenti che vengono utilizzati per mantenere il ritmo.

La musica folkloristica salentina è fatta soprattutto di danze e di tarante che possono essere suddivise in tre categorie principali di pizzica: la pizzica tarantata , la pizzica de core e la danza delle Spade.

La pizzica tarantata è un’antica danza terapeutica individuale o collettiva che nasce dall’altrettanto antico rito di guarigione dei taratati e dal loro pellegrinaggio del 29 giugno presso la Cappella di San Paolo a Galatina.